Saturday, January 21, 2012

Giulia è morta. A ottobre del 2011, se ricordo bene (e ricordare è il cuore di questo post). Giulia era un membro dello sconfinato "esericito delle zie", una donna che non ha mai avuto figli, e che grazie a questo, ma soprattutto grazie a un'aspirazione che probabilmente ha avuto fin da quando era bambina, ha dato quanto e più di una mamma a un numero difficile da stimare di bambini e bambine. Giulia era un donnone, alto più della media delle donne italiane di classe 1940 o giù di lì, grande e grossa, capelli neri tendenti al corvino, occhialoni e tratti del viso molto determinati, voce leggermente roca, alla Monica Vitti, per intendersi.

All'apparenza una donna rude, come le sue radici geografiche: Guarcino, nella gloriosa Ciociaria che ha dato i natali a Giulio (pure lui!) Andreotti e tanti altri uomini e donne tosti e schietti d'Italia. Ma sapeva essere dolce, oh, se sapeva esserlo! Quando "rifilava" i dieci d'incoraggiamento ai bambini delle sue classi delle elementari, era dolcissima. Tanto dolce che i più rapidi a apprendere e suonare bene le corde di quello strano strumento che si chiama "vita civilizzata" dovevano loro stessi lamentarsi di non volere più il loro dieci d'incoraggiamento, ma il voto che avevano veramente meritato. E allora Giulia, che evidentemente sapeva da prima che quello era un momento importante sia per lei che per il pulcino che si trovava davanti, con fare molto, molto serio diceva: "Allora, visto che me lo chiedi, ti metto il tuo vero voto (e faceva capire che così si rinunciava a tantissimo.. faceva quasi paura): nove." Quel nove era ciò che alcuni di quei bambini avrebbero portato con sé per tutta la vita, un ricordo della prima cosa che avevano fatto loro e nessuno poteva togliergli. Io me lo ricordo come se fosse mezz'ora fa'. Lei mi ha insegnato a leggere e scrivere, lei s'è sorbita tutte le mie "zampe di gallina" e le mie riluttanze a imparare a memoria le poesie ("mandare a memoria", come diceva lei).

E questo non è un epitaffio per Giulia. Ma è l'incipit di una riflessione che facevo questa mattina a colazione. Io sono sempre stato smemorato. Magari adesso il Parkinson mi aiuta un po' in questo, ma me la son sempre cavata, fin da quando la maestra Giulia si disperava per farmi "mandare a memoria" pochi versi delle poesie adatte ai bimbi, fin da quando la posia di Natale era uno spauracchio. E questo è un male: la memoria serve a tantissime cose: a ricordarsi i numeri di telefono, a ricordarsi i nomi di battesimo dei "business partner" per avere un "grip" in più nelle negoziazioni, a apparire erudito nelle discussioni di salotto e centinaia di altre cose. Ma essere smemorato ha anche delle altre conseguenze, alcune spiacevoli, altre meno spiacevoli:

1) Si diventa rompipalle. Cioè rompipalle ci si nasce, ma fatto cento il rompipalle medio, lo smemorato totalizzerà almeno 120 punti rompipallismo. Il motivo è che non può fidarsi della propria memoria per esser certo di ricordarsi cosa aveva detto a chi, quante volte e in che occasioni. Quindi, se parcheggi la mia macchina e sgraffi la fiancata sulla colonna del garage, io non so se questa è la seconda o terza volta, non so che cosa ti ho detto l'ultima volta, non so se mi ricorderò che te l'avevo detto la prossima volta che lo fai. Quindi il mio diktat è fartela pesare al massimo grado possibile e assicurarmi ora e qui che la cosa non succeda mai più. Quindi la faccio tragica e esagero la mia reazione. Ergo sono un rompipalle.

2) Si diventa asociali e isolati: se stare in compagnia vuol dire dover ricordare i nomi e gli aneddoti di tutti quelli che ci sono, dover imparare velocemente i nomi dei nuovi venuti per evitare gaffe, fare discussioni forbite e doversi ricordare se il villaggio bianco era Terracina o Sperlonga (è Sperlonga!), allora meglio starsene isolati, a parlare con sé stessi, elucubrare, seguire pensieri freschi e ispirazioni nuove, non dover sforzare le sinapsi per richiamare roba già vista.

3) Si diventa più intelligenti, nel senso migliori problem solver perché si è abituati a dover ripercorrere tutta la logica del calcolo del seno e del coseno per essere certi della formula, in quanto la formula non la si ricorda. Questo è tutto meno che semplice, perché il tempo che ci mette il tuo "avversario", il benchmark, a ricordarsi la formula è una frazione del tempo che ci mette una persona di intelligenza media a riformulare tutta la dimostrazione; ergo, devi abituarti a essere un fulmine nel ri-dimostrare tutta la formula, quando invece ti servirebbe semplicemente di richiamarla. Sostanzialmente sei come un cieco che ha sviluppato un fantastico senso dell'olfatto per riconoscere a distanza dall'odore persone che non vede.

4) Si diventa meno inclini al pregiudizio verso le persone. Quando questo pregiudizio è formulato da altri (curriculum, risultati di interviste, gossip riferiti in precedenza, suggerimenti e consigli vari) perché non si ricorda bene quello che ti hanno detto del Sig. A o della Signora B. Piuttosto preferisci affidarti al tuo intuito e parlare/vedere/interagire/sporcarti con il Sig. A e la Sig.ra B, per conoscerli direttamente. E quella sensazione che hai delle persone la memorizzerai, ma non la base sulla quale hai formulato il giudizio, così che sarai sempre pronto a rielaborare tutta la formula per ricordarti in base a cosa avevi formulato il tuo pregiudizio.. con la conseguenza che potresti esser contento con la formulazione di una formula nuova.

5) Si sviluppa una capacità di trovare cose più spiccata della capacità di ricordare dove le si è trovate. Quindi si è un ottimo motore di ricerca, e un pessimo gestore di bookmark. Si, anche per Internet, lo smemorato sarà molto più preoccupato di avere una connessione che non di avere i propri bookmark e appunti.

Insomma un animale tutto strano, condizionato anche dalla carenza di addestramento di quando Giulia mi diceva di "mandare a memoria" quelle poesie. Magari se avesse cercato di spiegarmelo allora mi sarei addormentato o l'avrei ritenuta pazza. O magari le avrei spiegato che il mondo è bello perché è vario e andava benissimo così... chissà se dal paradiso leggono e commentano i blog?

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